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Un libro, una vita, il miracolo

“Vivo per miracolo – così Sandra Sabattini mi ha guarito”, Stefano Vitali, Editore Sempre, 2020.

Ho letto questo libro con una certa voracità… Sarà perché la storia di Stefano Vitali mi ha colpito e interessato dal suo inizio, sarà perché è scritto in modo così scorrevole, ma credo soprattutto perché è raccontato col cuore aperto e con grande sincerità.

Stefano racconta la sua vita come lo farebbe ad un amico, al quale si confida sinceramente e senza timore di ammettere i propri difetti, le paure, o le umane mancanze di cui ha preso coscienza nel difficile percorso che lo ha visto protagonista.

È il racconto di un sopravvissuto, che ti prende per mano, ti dà del tu, e ti accompagna negli inferi che ha passato, per poi ricondurti in un’inaspettata risalita.

Ammetto che il mio interesse per la vicenda è dovuto anche al mio essere medico, al voler conoscere come una situazione disperata abbia potuto mutare favorevolmente in una guarigione. Il titolo di per sé già spiega tutto: la sua guarigione è un miracolo, non c’è dubbio. Però ogni miracolo avviene in modi e tempi diversi, e quello che ha interessato Stefano è particolare, perché non è la storia del paralitico che si alza dal lettuccio improvvisamente, ma di una vita che, presa coscienza di ciò che è, comincia a rialzarsi, nonostante la diagnosi e la malattia, quando ancora non c’è nessuna speranza di guarigione.

Questi sono i miracoli che mi interessano di più: se è vero che Sandra Sabattini ha interceduto per la causa di guarigione di Stefano, è anche vero che lui ha accolto questa enorme forza che si è riversata su di lui. Forza che ha avuto origine nelle preghiere di don Oreste Benzi e della sua Comunità Papa Giovanni XXIII e si è riflessa amplificandosi nello spirito della giovane, per poi canalizzarsi sul povero infermo.

Io credo che il miracolo sia avvenuto la notte in cui Stefano ha percepito che, nel poco tempo che sembrava rimanere a sua disposizione, poteva diventare lo Stefano più splendente e vivo che poteva essere. E questa vitalità era il segno di una guarigione interiore, che si manifestava nella forza di rialzarsi dal letto nonostante le precarissime condizioni fisiche, fino ad una maggior attenzione alle relazioni e ai piccoli gesti quotidiani. Senza che lui lo sapesse stava guarendo anche nel corpo. Si, perché il corpo, la psiche e lo spirito, non sono affatto separati, e lui lo sentiva già nei giorni successivi all’intervento chirurgico, quando l’angoscia sembrava ancora farla da padrone.

Prese il sopravvento un atteggiamento di introversione che, anche a livello posturale, mi portò per il primo periodo postoperatorio ad assumere un’andatura incerta, ingobbita, quasi a difendere, a non mostrare al mondo la parte di me che non contenevo più. Il mio ripiegamento fisico, simbolicamente, rappresentava anche quello psicologico” (pag. 32).

A Stefano sarebbe bastata, però, questa guarigione interiore, non aveva nessuna pretesa o aspettativa di altro genere. E anche questo, credo, abbia giocato un ruolo nell’esito del suo percorso: si è abbandonato completamente alla vita, a prescindere dalle condizioni e dal tempo. D’altro canto se non iniziamo a guarire ora, quando lo faremo? Non è forse adesso il momento di farlo? Altrimenti, questo adesso, cos’è, un posto in cui possiamo lasciar spazio alla morte?

Quindi anch’io posso iniziare a guarire ora? O per farlo si deve proprio passare per questo ripidissimo calvario? Provocatoriamente (e con rispetto per chi è affetto da qualche difficile condizione di salute) potrei dire che non tutti hanno la “fortuna” di ammalarsi così gravemente… ma intanto posso iniziare a guarire lo stesso? Perché anch’io voglio vivere al massimo delle mia potenzialità ogni piccolo momento, ogni relazione, ogni gesto, sentire continuamente “la mia voglia di rimettermi in gioco”, “vivere quel tempo, qualunque sia, giocando in attacco” e di “indossare il mio sorriso più bello” (da pag. 43). La storia di Stefano mi fa venir voglia di farlo subito, e in ogni istante.

Quando ci si accorge che il tempo a nostra disposizione non è infinito, allora si possono prendere due strade: lasciarsi andare allo sconforto, alla disperazione, alla rabbia o alla paura e spegnersi lentamente (quanti ne ho visti!), o vivere al massimo delle nostre potenzialità fosse anche consumandosi come un cerino, ma generando un forte lampo di luce. Il fatto che Stefano abbia scelto la seconda, quando non c’era nessuna speranza di guarigione, mi fa pensare che questo possa valere anche per ogni malato, come per ognuno di noi in fondo, in ogni momento, fino all’ultimo: cercare il senso in ogni piccolo gesto, generare speranza, rigenerare le proprie relazioni, non lasciarsi andare mai.

Stefano racconta anche tutta la fatica e il dolore dell’essere ammalato. Il corpo martoriato da un atto chirurgico estremo, la psiche devastata da una diagnosi di “game over” (pag. 42), le relazioni che cambiano…

Un altro grande insegnamento che ho trovato in questa storia: rimettersi in discussione, trarre dal buio una luce.

La malattia, violenta e improvvisa, mi aveva tolto dalla comodità dell’abitudine, facendomi riflettere sul fatto che nulla può essere dato per scontato, tanto meno le relazioni. Per relazionarsi davvero con qualcuno, non puoi mettere il pilota automatico, devi impegnarti al confronto. Quante volte invece l’avevo fatto… […] arrivai anche a pensare che dopo tutto fosse per me una buona occasione, […] mi fece aprire gli occhi su tanti particolari delle persone a me care, che fino al giorno prima non avevo mai visto” (pag. 44-45).

Poi parla del rapporto coi medici e il personale sanitario, la vita da malato oncologico, gli sguardi degli altri malati che incontrava… Stefano non si ferma al miracolo, continua a curarsi per anni, confidando anche nelle cure umane e richiamando l’importanza delle relazioni nell’ambiente di cura, provvedendo consigli anche per gli addetti ai lavori.

Secondo la mia esperienza non esiste al mondo una persona che guarisca da sola, perché la guarigione è un mix di fattori particolari e diversi: la qualità delle cure mediche, le strumentazioni e le medicine, l’atteggiamento del paziente e, non ultimo, la capacità di instaurare un clima “curante” tra paziente, personale medico e struttura ospedaliera” (pag. 89).

Una grande domanda accompagna tutto il libro: “Perché proprio a me?”. La risposta sembra stare nella fede che Stefano non abbandona mai, cercando sempre il senso di ogni evento all’interno di una visione più grande. Ma la consapevolezza del miracolo arriva solo dopo molto tempo dall’effettiva guarigione e leggendo il diario di Sandra Sabattini comprende il nesso tra lei, il miracolo, e lui: “dire sempre di si”, mettersi al servizio della vita, in qualsiasi situazione.

Si potrebbe credere che la conclusione sia scontata: si tratta ovviamente di un “lieto fine”, ma questa storia invece ci stupisce ancora, Stefano è messo alla prova fino all’ultima pagina, quando la sua vita prende una svolta inaspettata (da lui per primo) e sembra rinascere un’altra volta, anche se sono ormai passati anni dalla sua guarigione. Il suo percorso lo porterà nella lontanissima Africa, dove si troverà in un altro punto estremo dal quale risalire.

Il miracolo non è un punto di arrivo, ma un punto di partenza” ha detto Stefano presentando il suo libro (https://youtu.be/VfSNGDe3NQE).


Stefano Vitali è nato a Rimini, ha 52 anni e insieme alla moglie Lolli è responsabile di una delle case famiglia della Comunità Papa Giovanni XXIII. Dal 1994 al 1999 è stato segretario personale di don Oreste Benzi, fondatore della Comunità. Nel 1996 ha intrapreso la sua carriera politica presso l’amministrazione comunale di Rimini come assessore, poi dal 2009 al 2014 è stato Presidente della Provincia di Rimini. Nel 2007 si è ammalato di cancro con una prognosi apparsa subito infausta, ma inspiegabilmente nei mesi successivi guarisce totalmente. La sua guarigione è stata riconosciuta dalla Chiesa cattolica come un miracolo attribuito a Sandra Sabbatini, una giovane riminese discepola spirituale di don Benzi deceduta nel 1984, a soli 22 anni, per un incidente stradale, che per questo viene proclamata beata.


Stefano Vitali racconta la sua storia anche nel seguente evento TEDx: https://youtu.be/juGP0Kr6NdM.

Il libro può essere acquistato qui: https://shop.apg23.org/editoria/268-vivo-per-miracolo-cosi-sandra-sabattini-mi-ha-guarito.html

Charlie Gard – Eutanasia di Stato


Segnalo l’uscita di questo libro riguardante la storia del piccolo Charlie Gard e dei suoi genitori. Ho discusso ampiamente  del caso nell’articolo: Il bambino e il gigante (una storia vera, purtroppo)

Charlie Gard – Eutanasia di Stato

La storia di Charlie Gard raccontata da Assuntina Morresi.
Fatti, documenti e dettagli di una vicenda drammatica che segna, simbolicamente, la fine dell’umanesimo occidentale.
Un libro per capire, e per non lasciare che il piccolo Charlie venga dimenticato.

La nostra storia comincia con una data e un fatto: venerdì 28 luglio 2017 muore un bambino gravemente malato, alla vigilia del suo primo compleanno. Il suo nome è Charlie Gard. È inglese, figlio di due giovani londinesi, un postino e un’assistente di disabili. Muore accanto ai suoi genitori in un hospice per bambini terminali, al termine di un lunghissimo ricovero in un antico ospedale pediatrico a Londra, il famoso Great Ormond Street Hospital for Children. Medici e giudici hanno imposto la sospensione della ventilazione meccanica che lo teneva in vita, dopo avergli negato un tentativo di cura con un trattamento sperimentale.

Questo libro racconta il coraggio ostinato di una giovane coppia, e della disperata battaglia per il loro piccolo bambino “senza qualità”: una battaglia che ha coinvolto il mondo intero, fino a Papa Francesco e al Presidente Trump, soprattutto grazie a una mobilitazione popolare che ha avuto in Italia il suo fulcro e il web come strumento. Racconta anche la sollevazione di un popolo che non ha avuto bisogno di capi, e che non ha dovuto aspettare spiegazioni sulle cartelle cliniche del piccolo malato per capire che qualcosa di minaccioso e crudele stava succedendo, in uno degli ospedali più rinomati di quella che si vanta di essere la patria della moderna democrazia europea.

In un’Europa sempre più vecchia e infeconda, ferita dagli attentati del terrorismo jihadista, incapace di affrontare una delle ondate migratorie più impressionanti e anomale, immersa in una profonda incertezza politica, la morte per eutanasia di Stato del piccolo Charlie Gard segna, simbolicamente, la fine di un’epoca, quella dell’umanesimo occidentale. E la sollevazione popolare che ha accompagnato la sua breve vita potrebbe essere l’inizio di una nuova.


Il libro può essere ordinato al seguente link: https://www.loccidentale.it/shop/index.php/prodotto/charlie-gard-eutanasia-di-stato/

Uno stralcio del libro è riportato nel seguente articolo apparso il 30/11/2017 su Avvenire: Qualità o dignità della vita? Cosa ci ha insegnato Charlie Gard

Milioni di farfalle

alexanderUn libro che consiglio a tutti i ricercatori del Profondo e del Vero. La storia di Eben Alexander, neurochirurgo americano e professore presso alcune tra le più prestigiose facoltà di medicina.

Da studioso ed esperto del corpo umano, e del cervello in particolare, scettico rispetto a tutto ciò che non è studiabile dalla scienza, attraverso un’esperienza che lo ha portato agli estremi confini della vita umana, si accorge di quanto sia ridotta la nostra visione della vita e dell’universo.

“Siamo stati, in parte per merito del cervello stesso, così abituati ad associare la nostra intelligenza con ciò che pensiamo e che siamo, da aver perso la capacità di renderci conto di essere sempre molto più che semplici cervelli e corpi fisici che eseguono o dovrebbero eseguire i nostri ordini”.

Al risveglio dal coma associato ad una rara forma di meningite, quando ormai sembrava impossibile un recupero, si accorge di aver vissuto coscientemente e in maniera estremamente reale anche quando il suo cervello era fuori uso. La coscienza quindi non è solo un’attività mentale che scaturisce dal lavoro del cervello, ma è qualcosa che va oltre il corpo fisico, oltre il pensiero…

Il mondo in cui si ritrovò durante il coma era assolutamente nuovo e affascinante, uno stato della coscienza molto evoluto caratterizzato da un contatto diretto con Dio. In questo paradiso l’esistenza era immersa in un abbraccio d’amore e di accoglienza.

“Il paradiso esiste.

Ci sono stato.”

Eben Alexander, Milioni di farfalle, Mondadori 2012

Dove risiede la coscienza?


PertCandace

E’ opinione comune, ma anche di molti studiosi, che la coscienza risieda nel cervello. Certo, sappiamo che la funzionalità di quest’organo è essenziale per essere coscienti, ma avviene tutto esclusivamente dentro alla scatola cranica?

Candace Pert, neuroscienziata e farmacologa statunitense che ha dimostrato l’esistenza dei recettori per gli oppioidi, il sito di legame cellulare per le endorfine nel cervello, in seguito ai suoi studi su neurotrasmettitori ed emozioni ha dichiarato:

Io non posso più fare una rigorosa distinzione tra cervello e corpo […] i dati delle ricerche […] indicano che è necessario intraprendere uno studio dei modi in cui la coscienza può essere proiettata nelle differenti parti del corpo.

Vedi: Candace Pert, Molecole di emozioni, Tea Libri, 2007.

[fonte foto: http://likesuccess.com/author/candace-pert]