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Libertà, responsabilità e scientificità dell’informazione. Diritto all’informazione corretta e pensiero critico.

Oggi, 3 maggio, è la Giornata Mondiale per la Libertà di Stampa. Credo molto in questo principio, e sono molto grato verso chi, con grande coraggio e responsabilità, svela e spiega fatti che rimarrebbero nell’oscurità, e in tal modo favorirebbero il persistere di azioni ed atteggiamenti che vanno contro il bene comune e la crescita dell’umanità.

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Image by Colin Behrens from Pixabay

Lo hanno fatto e continuano a farlo i giornalisti, anche a rischio della propria vita, e nel nostro Paese non mancano gli esempi. Anche recentemente alcuni giornalisti sono stati minacciati di morte, come riferisce il report del Consiglio d’Europa (continuamente aggiornato su: https://www.coe.int/en/web/media-freedom). Attualmente sarebbero 20 i giornalisti italiani che vivono sotto scorta per questo motivo.

La nostra Costituzione (art. 21) e la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (art. 19) sanciscono la libertà di stampa e di espressione come un diritto fondamentale di tutti.

In questo periodo di pandemia la discussione si è accesa particolarmente. Sono stati pubblicati contenuti con notizie ed affermazioni fortemente contrastanti riguardanti il coronavirus (chiamato dagli scienziati SARS-COV-19), la malattia che può causare (COVID-19) e tutto ciò che vi gira attorno.

Bisogna considerare che, in campo sanitario, una informazione errata può mettere a rischio la vita di tutti. Questo, a mio parere, non significa che si debba favorire, o addirittura forzare, un unico canale di informazione ufficiale. La pluralità e la libertà sono alla base dei diritti che oggi si riaffermano e di una informazione più veritiera e corretta.

Tutto ciò non va confuso con la libertà di pubblicare qualsiasi cosa senza il minimo senso critico, senza coerenza, o lasciandosi orientare puramente da principi di parte o di convenienza. Le notizie che non rispecchiano la realtà, piene di inesattezze che possono generare confusione, fino a quelle palesemente false, vanno in qualche modo identificate e rettificate. Questo fa parte dei doveri di ogni giornalista, come previsto dall’art. 4 del Codice Deontologico dei Giornalisti Italiani.

Gli addetti ai lavori hanno reclamato per le informazioni palesemente scorrette sul coronavirus (anch’io l’ho fatto in alcuni casi), e le autorità hanno deciso addirittura di formare delle “task force” per identificare le notizie errate ed poter censurare i contenuti incriminati. Le piattaforme social (come Facebook, YouTube, Instagram, Twitter, ecc.) si sono attivate per eliminare contenuti ritenuti inesatti. Questo atto è stato giudicato gravissimo, come dichiarato da molti giornalisti, e riportato anche da Giulietto Chiesa il 25 aprile scorso, nella sua ultima dichiarazione prima di lasciare questa vita (https://youtu.be/QvQxMUwb7dM).

Dal blog dell’Avv. Daniele Ingarrica (https://www.consigliolegale-blog.com/2017/10/09/diritto-corretta-informazione-fake-news/) si evince che non esiste un vero e proprio diritto all’informazione corretta. Si legge comunque che “secondo la giurisprudenza della Corte Costituzionale, con la sentenza n. 112 del 1993, il giornalista è tenuto ad assicurare ai cittadini un’informazione: qualificata e caratterizzata da obiettività, imparzialità, completezza e correttezza; dal rispetto della dignità umana, dell’ordine pubblico, del buon costume e del libero sviluppo psichico e morale dei minori nonché dal pluralismo delle fonti cui [i giornalisti] attingono conoscenze e notizie in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni, avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti”.

Siamo continuamente tempestati di notizie e affermazioni contrastanti e cangianti, abbiamo bisogno di una informazione corretta e il più possibile veritiera!

Una valida discussione sull’informazione scientifica l’ho trovata nella diretta Facebook di ieri di Federico Boem, filosofo della scienza, sulla pagina dell’ass. Culturale J.F. Kennedy di Rimini. L’incontro aveva il titolo “Convivere con l’incertezza. Il ruolo del pensiero critico: informazione e ricerca scientifica“. Boem sostiene che la scienza è un processo che appartiene ad una comunità (la comunità scientifica), e come tale cresce progressivamente, correggendosi, giustificandosi e confermandosi ripetutamente, attraverso pochi successi che si basano su tantissime sconfitte. La ricerca scientifica non riporta verità, cerca invece di fornire conoscenza e ridurre l’incertezza, con la quale siamo comunque tenuti a convivere.

Perché crediamo alle notizie errate e le diffondiamo sui nostri social? Secondo Boem può essere un fatto di pigrizia mentale: le notizie vengono fornite in grande quantità, facilmente reperibili e “non digerite”. Inoltre l’acquisizione di nuove informazioni parte spesso da posizioni di forte chiusura, sia da parte di singoli che di gruppi di persone o comunità. Boem ha distinto tra “bolle epistemiche”, in cui l’atteggiamento è caratterizzato da una scelta di fonti ristretta a cui si riconosce la massima autorità (non una vera e propria chiusura), e “camere di risonanza” in cui invece ci si rafforza vicendevolmente sulle posizioni prescelte escludendo categoricamente quelle che divergono dalle nostre (una forte chiusura in questo caso).

Per formare un pensiero critico, quindi, l’apertura mentale è sicuramente un aspetto basilare. Questo credo valga sia nel recepire l’informazione che nel produrla: favorire pluralità e libertà di informazione ed evitare allo stesso tempo il diffondersi di notizie affrettate e fuorvianti, come accade in molti casi di divulgazione attraverso i social.

Un’altro fattore importante, sempre secondo Boem, sarebbe la pazienza. La scienza ha i suoi tempi e risultati affrettati sono poco affidabili.

Da ultimo, cosa che condivido in pieno, è fondamentale il controllo delle fonti. Quanto è affidabile chi ci informa? In ogni caso, ricorda ancora Boem, anche il singolo scienziato, avesse pure un Nobel, non può avere più credibilità o autorevolezza dell’intera comunità scientifica. I risultati si ottengono insieme, e non per scalate solitarie.

Acqua, fonte della Vita

acquaQuando si effettua un esperimento di laboratorio vengono spesso utilizzati supporti o contenitori, come ad esempio un tavolo o una provetta. Ci assicuriamo che tali supporti siano neutri, in modo da non influenzare (per lo meno in maniera significativa) il processo studiato. Così si utilizza acqua, o soluzioni acquose, per contenere il materiale vivente che desideriamo studiare, dando per scontato che questa sia solo un fluido neutro e che non prenda parte ai processi, se non come solvente e mezzo di supporto. Anche all’interno delle cellule (nel citosol, nel nucleo, nei mitocondri) c’è acqua, quindi tutte le molecole biologiche sono immerse in questa sostanza.

Tutti sanno che l’acqua è essenziale per la vita, ma le più recenti teorie quantistico-informazionali hanno suggerito che essa è un veicolo di informazioni e che determina la formazione di domini di coerenza, i quali consentono alle altre molecole di organizzarsi, incontrarsi e trasformarsi, dando un supporto che va ben oltre ciò che si è sempre pensato.

L’acqua, in poche parole, “guida” i processi e permette alle altre molecole di relazionarsi in maniera efficace diventando la vera “matrice della vita“. Se l’acqua non avesse queste particolari proprietà non sarebbe possibile alcun processo vitale, perché le molecole per incontrarsi in maniera del tutto casuale (come si sostiene nelle teorie classiche) richiederebbero tempi esageratamente lunghi, non compatibili con la vita stessa.

Da tempo ormai si è scoperto che l’acqua è un vero e proprio veicolo di informazioni: può immagazzinarle, trattenerle e cederle. Questo avviene attraverso la memorizzazione del campo elettromagnetico di altri materiali o fonti energetiche con cui viene a contatto. In realtà, come spiega il prof. Emilio del Giudice (vedi in fondo) per quanto riguarda l’acqua negli organismi viventi, più che di informazione sarebbe corretto parlare di conoscenza, perché non si tratta di un atto meccanico di trasmissione informazionale, ma di un passaggio più complesso di alcuni “dati” che vengono in qualche modo poi rielaborati per ottenere qualcosa di più ampio rispetto ad essi.

I domini di coerenza presenti nell’acqua sono il primissimo rudimentale segno di “unità di informazione”, che è alla base della vita e del più ampio concetto di “unità di coscienza”. Inoltre sono anche il primo segno dell’inversione della tendenza entropica (caratteristica dell’universo) che caratterizza il fenomeno della vita. La vita, infatti, organizza, dà senso, porta informazione, immagazzina ed elabora l’energia, al contrario della materia inanimata che tende al caos ed alla perdita di energia.

Tutta la medicina e tutta la biologia si sono sviluppate senza conoscere né comprendere l’importanza di questi concetti. Si pretende ancor oggi di studiare i processi vitali, quindi anche le malattie e la loro cura, senza tener conto di evidenze che possono cambiare in maniera importante la prospettiva del medico e del biologo.

A questo punto è inevitabile pensare che la vita sia nata, e ovviamente sviluppata, nell’acqua. Non è una novità, direte voi. In realtà le molecole biologiche non si formano spontaneamente in acqua… hanno bisogno di altre molecole biologiche che ne sostengano la sintesi. La risposta finale sull’incipit della vita credo non l’avremo mai, ma ritengo che sia la stessa che dà un significato e un senso anche all’evoluzione della vita stessa e alla sua complessità: la presenza di un’Intelligenza superiore che governa tutto l’universo. Questa Intelligenza è iscritta in ogni cosa, a partire dalle particelle subatomiche e dall’energia, che nelle loro interazioni consentono lo sviluppo di tutto ciò che conosciamo.

Da questo presupposto è evidente che la vita non è figlia del caso, e che quest’ultimo è solo una rappresentazione mentale pseudorazionale necessaria a giustificare ciò che non conosciamo e non comprendiamo.

 


Vedi ancheL’origine (e il senso) della Vita

Per approfondire il tema dell’acqua come veicolo di informazioni suggerisco: