Musica, jazz ed emozioni

La musica è uno splendido canale espressivo e terapeutico, per questo propongo alcune riflessioni in questo sito, che vuole essere luogo e strumento di ricerca dell’essere e del vero. Nel video potete ascoltare un noto brano suonato dalla mia jazz band.

Una delle mie passioni è sempre stata la musica. Questo splendido canale artistico ha enormi potenzialità espressive, comunicative, e quindi anche terapeutiche. La musica ha la impressionante capacità di riempire lo spazio, di portarci in luoghi interiori lontani e diversi. Il jazz in particolare è lo stile che mi ha dato di più, in termini di emozioni e di possibilità di esprimermi. Tratterò in particolare di questo stile musicale, ma si tratta di una scusa per parlare di espressione musicale, visto che molti aspetti sono comuni ad altri generi musicali.

La musica jazz esprime emozioni intense, con suoni molto variegati, alternando forti tensioni a (spesso parziali) risoluzioni, mantenendo un senso di aspettativa in ciò che avverrà successivamente. Si tratta di un genere musicale dai confini labili, che lascia spazio alle idee e all’espressione del musicista, senza pretendere che questi segua precisi schemi o strutture. Il jazz è così ampio da non poterne dare una definizione, ciò che amo di questa musica è il senso di libertà che provo nel suonarla. Se suoni jazz “puoi fare ciò che vuoi”, o meglio direi “puoi fare ciò che senti”. Le regole sono poche e chiare: ascolta, esprimiti, segui lo stile, stai nella struttura. Come ho già detto si tratta di elementi che, in modo diverso, si possono adattare a qualsiasi stile musicale.

L’ascolto è il primo aspetto fondamentale: se suoni con qualcun altro non puoi esserne indipendente. L’ascolto deve essere reciproco e richiede capacità di interazione, di adattamento, di proporre nuove idee e di accettarne altre. Quando un musicista si esprime nel suo assolo tutti lo ascoltano e si adattano per sostenerne il discorso regolando l’intensità del suono e della ritmica, modulando il timbro e l’espressività. Quando si suona assieme ciò che conta è il risultato complessivo e non il proprio suono: il direttore darà indicazioni su come regolarsi, in sua mancanza ogni elemento ha la responsabilità di ascoltare anche l’insieme, al fine di ottenere un effetto compatto, come se l’orchestra fosse uno strumento unico, ma allo stesso tempo polifonico e politimbrico. L’ascolto è fondamentale per tenere il “groove”: non si tratta solo di tenere il tempo, ma di allinearsi più sottilmente su quelle sequenze ritmiche di accenti e di spostamenti sul tempo (più spesso sullo “swing”) che determinano una sorta di onda che viene cavalcata da ogni singola nota suonata, determinando un senso di trasporto nell’ascoltatore, nonché nei musicisti stessi. Una particolarità del jazz è l’improvvisazione: è nato proprio così, quando gli schiavi neri afroamericani improvvisavano cantando dei canti per consolarsi dalla loro condizione. Chi si univa al canto, ovviamente, doveva prima ascoltare colei o colui che l’aveva intonato. Solo comprendendo il senso di ciò che è stato proposto ci si può aggregare e dare il proprio contributo.

Un altra caratteristica del jazz è quella di dare libera espressione al musicista. Questa espressività in realtà può avere diversi gradi di libertà, ma non è mai annullata. Se suoni jazz, però, senti nell’aria la voglia di libertà e di dire la tua, e quando ti è concesso dal gruppo, in accordo con ciò che esprimono gli altri, è semplicemente ciò che devi fare. La libertà va espressa all’interno di una struttura ritmica e armonica, nel rispetto delle altrui melodie.

Tutto ciò non assomiglia forse a ciò che viviamo ogni giorno nelle relazioni con le altre persone? Spesso ciò che non abbiamo potuto esprimere nella vita possiamo recuperarlo con la musica, e lo facciamo a modo nostro, esprimendo anche quella parte di interiorità nascosta.

Buon Natale di saggezza

albero della saggezzaL’Albero della Saggezza

Ridi.
Balla.
Medita.
Perdona.
Perdònati.
Chiedi aiuto.
Delega compiti.
Permettiti di brillare.
Comunica quello che senti.
Realizza un progetto a cui tieni.
Aiuta qualcuno. Dipingi un quadro.
Fà una passeggiata. Gioca con tuo figlio.
Leggi un bel libro. Canta sotto la doccia.
Ascolta la natura. Ritorna bambino.
SII FELICE
AUGURI!

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Vivere meglio è prevenire

prevenzioneE’ possibile prevenire le malattie? Sono davvero scritte nel nostro codice genetico? 

Sempre più spesso si parla di predisposizione genetica alle malattie. Addirittura esistono test genetici che indicano quali potrebbero essere le patologie cui andremo incontro più probabilmente nella vita.

Molte condizioni vengono definite “malattie predisposte geneticamente”, ovvero stati patologici che si manifestano solo da un certo punto della vita in poi, come ad esempio il diabete mellito, i tumori e le malattie cardiovascolari. E’ riconosciuto che tali manifestazioni si presentano solo in compresenza di altri fattori (es. un certo stile di vita, la dieta, altre patologie, ecc.). Su questi ultimi abbiamo la possibilità di agire in modo consapevole.

Il codice genetico (DNA) non è così rigido come si pensa, ma è sottoposto a continue regolazioni (funzione epigenetica), che dipendono da svariati fattori legati alla nostra vita. Quindi anche una predisposizione genetica può essere mantenuta silente e perdere il suo significato.

Il primo principio è senza dubbio quello di una vita sana, equilibrata, dinamica, il più possibile gioiosa e giocosa. E’ ben dimostrato che tutto questo contribuisce a un’adeguata regolazione del sistema neuroendocrino, del sistema immunitario e, ovviamente, del nostro equilibrio psichico. Questo significa puntare al “Benessere Globale“, concetto che approfondirò in altre pagine di questo sito.

Per capire se ti trovi su questa strada puoi chiederti:

  1. Reputo la mia vita “sana” in generale?
  2. Ho qualche fattore di squilibrio (alimentazione, sedentarietà, comportamenti rischiosi, utilizzo di sostanze, ecc.)?
  3. Mi muovo fisicamente abbastanza e in modo piacevole?
  4. Mi sento gioioso per la maggior parte del mio tempo? Ho voglia di giocare, scherzare, divertirmi?
  5. Coltivo relazioni importanti e le mantengo nel tempo?
  6. Ascolto i miei bisogni fisici e psichici? Mi concedo adeguati riposo, rilassamento ed espressione?

Insomma, cercare di vivere in ascolto di noi stessi, puntando alla vera felicità, è la miglior prevenzione!

Leggi la continuazione: Perché non attuiamo comportamenti preventivi?

Mangiar sano… in 7 punti psicosomatici

In un precedente articolo (vedi qui) ho espresso il mio pensiero riguardante una “alimentazione terapeutica”, che non riguarda solo il cibo, ma molti altri elementi e aspetti vitali della nostra esistenza.

Senza addentrarmi nello specifico delle varie condizioni patologiche (o particolari) in cui possiamo trovarci, per le quali è necessaria una opportuna modificazione della dieta, ritengo fondamentali alcuni elementi legati ad una corretta alimentazione.

Alimentarsi col cibo è un atto d’amore verso se stessi, è un fondamentale momento della nostra vita. Oltre ad alimentare il nostro corpo nutriamo allo stesso tempo anche la nostra mente. Infatti l’intestino è dotato di un complicato sistema nervoso, e scambia continuamente segnali col cervello, tanto da essere considerato “il secondo cervello”. Quante volte ci accorgiamo che mangiare, soprattutto certi cibi, modifica il nostro umore e il nostro senso di appagamento!

Siamo giustamente attenti a cosa mangiamo, ma ritengo sia altrettanto importante curarci di come mangiamo.

Una corretta alimentazione (vedi i punti che seguono) consente di stare meglio sotto tutti i punti di vista: sentirsi più appagati, aumentare l’autostima, sentirsi più “leggeri”, avere più sicurezza riguardo alla salute del nostro organismo, e tanto altro.

  1. Mangiare con serenità. Il momento del pasto è sacro. Se vissuto in serenità e piacevolezza, permette di sentirsi uniti e in armonia con gli altri. Non a caso la maggior parte delle persone quando vuole incontrarsi lo fa in occasione di colazione, pranzo o cena. In famiglia spesso le discussioni più importanti vengono fatte a tavola, rovinando questa preziosa occasione. Possiamo invece imparare a vivere il pasto come un gioioso momento di fraternità, posticipando la trattazione delle problematiche più difficili.
  2. Acquistare cibi sani e naturali e cucinarli adeguatamente. I cibi migliori sono quelli delle zone in cui viviamo, di stagione e biologici. Mangiare cibi crudi, oppure prepararli con metodi di cottura che li alterano il meno possibile (al dente, bolliti) sono i più adatti a mantenere le importanti sostanze presenti nelle materie prime (vitamine, proteine, ecc.) e a favorire digestione e assorbimento. Cibi locali consentono anche di mantenere intatta la popolazione batterica intestinale, che è fondamentale per un corretto funzionamento dell’apparato intestinale, quindi per la digestione, e per l’equilibrio del sistema immunitario.
  3. Apprezzare il cibo. Il cibo non è solo sostanza da ingerire, va assaporato, gustato e apprezzato. Anche per questo è importante mangiare cibi più naturali possibile cucinati con metodi adeguati: li apprezzeremo sicuramente di più!
  4. Mangiare lentamente. Consente di assaporare meglio il cibo, di elaborarlo più efficacemente migliorando i processi digestivi, e di ottenere prima la sazietà.
  5. Evitare eccessi e carenze. Mangiare un po’ di tutto, dando priorità a frutta, verdura, legumi e carboidrati complessi (pane, pasta, riso, cereali). Limitare le carni, soprattutto rosse, i dolci, gli alcolici e il caffè. E’ molto importante imparare a cucinare piatti vegetariani che siano anche stuzzicanti (altrimenti si rischia di rifarsi sempre il palato con la carne e i dolci). E’ importante prendere in considerazione anche una riduzione dell’uso del sale e dello zucchero.
  6. Mantenere orari fissi per i pasti. Evitare digiuni prolungati o forti alterazioni negli orari e nei ritmi dei pasti. Se non è possibile farlo (per esempio a causa di turni di lavoro incompatibili) portare con sé almeno degli spuntini.
  7. Non dimenticare l’acqua. Evitare di bere troppa acqua (o altri liquidi) ai pasti, ma soprattutto ricordarsi di bere durante il giorno. Non c’è una quantità ideale valida per tutti, ma non si dovrebbe mai raggiungere il senso della sete, o ancor peggio non prenderlo in considerazione. Consiglio sempre, a chi non beve spontaneamente, di portare con sé una bottiglietta d’acqua e sorseggiarla di tanto in tanto.

Vedi anche: Quale alimentazione terapeutica?

Siamo fatti d’amore e per la felicità

Farfalla
Perché la foto di questa farfalla? Questa bellissima creatura è semplicemente sé stessa, non pretende altro. Nella sua coda manca un pezzetto (nota che non è simmetrica, a destra è mozzata): anche questa è una sua caratteristica, che la rende unica, ed è specchio del suo passato, che evidentemente è stato traumatico. Non per questo ha perso la sua natura, continua a vivere nella libertà. Quando riconosciamo la meraviglia di cui siamo fatti, ma anche le difficoltà che ci hanno plasmato, possiamo amarci semplicemente così come siamo.

Tutto ciò che esiste è in relazione col resto dell’Universo, la relazione è in grado di plasmare, e quando crea è amore. Siamo quindi fatti d’amore e pertanto il nostro scopo è essere felici, ma per essere felici dobbiamo essere liberi.

Essere liberi significa poter esprimere totalmente la nostra indole, il nostro spirito interiore, la nostra verità. La paura di sbagliare, essere giudicati o puniti sono tutti ostacoli che sopprimono ciò di cui siamo fatti: l’amore.

“Amerai il prossimo tuo come te stesso” (Mc 12,31): per amare il prossimo è necessario che prima impari ad amare te stesso! Non puoi amarti se non sei libero, se non sei nella verità. Infatti “la verità vi farà liberi” (Gv 8,32).

Quando non siamo liberi, veri, e quindi felici, abbiamo sentimenti contrastanti, non riconosciamo noi stessi. In questo soffocamento interiore iniziamo a vivere emozioni negative, che si esprimono nella mente tanto quanto nel corpo. I sintomi di tutto questo diventano un malessere più o meno localizzato, ma spesso generalizzato. Il nostro essere non si esprime più come vorrebbe e a livello psichico insorgono depressione, ansia, conflitto, paura, chiusura e stanchezza. Quella parte bloccata della nostra interiorità si rispecchia in un blocco più corporeo, che a lungo andare può diventare vera e propria malattia.

27-30 dic. Chi sono io?

Scoprire chi siamo veramente è una delle mete più importanti della nostra vita. Questo seminario consente di andare oltre quello che crediamo di essere, oltre le maschere e gli strati della nostra personalità.

con Kapil Pileri, presso il Villaggio Globale di Bagni di Lucca.

Per info: www.villaggioglobale.eu

 

Kapil Pileri pratica e insegna Cranio- Sacrale da molti anni; facilita ritiri intensivi di Consapevolezza: “Chi sono io?” e “Satori”, e seminari sul Giudice Interiore. Di questi lavori offre anche sessioni individuali in varie città italiane. E’ insegnante dell’Associazione Culturale MU, dell’Accademia Olistica del Villaggio Globale di Bagni di Lucca, dell’Integral Being Institute e dell’Academy of Awareness and Creative Expression

Acqua, fonte della Vita

acquaQuando si effettua un esperimento di laboratorio vengono spesso utilizzati supporti o contenitori, come ad esempio un tavolo o una provetta. Ci assicuriamo che tali supporti siano neutri, in modo da non influenzare (per lo meno in maniera significativa) il processo studiato. Così si utilizza acqua, o soluzioni acquose, per contenere il materiale vivente che desideriamo studiare, dando per scontato che questa sia solo un fluido neutro e che non prenda parte ai processi, se non come solvente e mezzo di supporto. Anche all’interno delle cellule (nel citosol, nel nucleo, nei mitocondri) c’è acqua, quindi tutte le molecole biologiche sono immerse in questa sostanza.

Tutti sanno che l’acqua è essenziale per la vita, ma le più recenti teorie quantistico-informazionali hanno suggerito che essa è un veicolo di informazioni e che determina la formazione di domini di coerenza, i quali consentono alle altre molecole di organizzarsi, incontrarsi e trasformarsi, dando un supporto che va ben oltre ciò che si è sempre pensato.

L’acqua, in poche parole, “guida” i processi e permette alle altre molecole di relazionarsi in maniera efficace diventando la vera “matrice della vita“. Se l’acqua non avesse queste particolari proprietà non sarebbe possibile alcun processo vitale, perché le molecole per incontrarsi in maniera del tutto casuale (come si sostiene nelle teorie classiche) richiederebbero tempi esageratamente lunghi, non compatibili con la vita stessa.

Da tempo ormai si è scoperto che l’acqua è un vero e proprio veicolo di informazioni: può immagazzinarle, trattenerle e cederle. Questo avviene attraverso la memorizzazione del campo elettromagnetico di altri materiali o fonti energetiche con cui viene a contatto. In realtà, come spiega il prof. Emilio del Giudice (vedi in fondo) per quanto riguarda l’acqua negli organismi viventi, più che di informazione sarebbe corretto parlare di conoscenza, perché non si tratta di un atto meccanico di trasmissione informazionale, ma di un passaggio più complesso di alcuni “dati” che vengono in qualche modo poi rielaborati per ottenere qualcosa di più ampio rispetto ad essi.

I domini di coerenza presenti nell’acqua sono il primissimo rudimentale segno di “unità di informazione”, che è alla base della vita e del più ampio concetto di “unità di coscienza”. Inoltre sono anche il primo segno dell’inversione della tendenza entropica (caratteristica dell’universo) che caratterizza il fenomeno della vita. La vita, infatti, organizza, dà senso, porta informazione, immagazzina ed elabora l’energia, al contrario della materia inanimata che tende al caos ed alla perdita di energia.

Tutta la medicina e tutta la biologia si sono sviluppate senza conoscere né comprendere l’importanza di questi concetti. Si pretende ancor oggi di studiare i processi vitali, quindi anche le malattie e la loro cura, senza tener conto di evidenze che possono cambiare in maniera importante la prospettiva del medico e del biologo.

A questo punto è inevitabile pensare che la vita sia nata, e ovviamente sviluppata, nell’acqua. Non è una novità, direte voi. In realtà le molecole biologiche non si formano spontaneamente in acqua… hanno bisogno di altre molecole biologiche che ne sostengano la sintesi. La risposta finale sull’incipit della vita credo non l’avremo mai, ma ritengo che sia la stessa che dà un significato e un senso anche all’evoluzione della vita stessa e alla sua complessità: la presenza di un’Intelligenza superiore che governa tutto l’universo. Questa Intelligenza è iscritta in ogni cosa, a partire dalle particelle subatomiche e dall’energia, che nelle loro interazioni consentono lo sviluppo di tutto ciò che conosciamo.

Da questo presupposto è evidente che la vita non è figlia del caso, e che quest’ultimo è solo una rappresentazione mentale pseudorazionale necessaria a giustificare ciò che non conosciamo e non comprendiamo.

 


Vedi ancheL’origine (e il senso) della Vita

Per approfondire il tema dell’acqua come veicolo di informazioni suggerisco:

23 nov. L’alimentazione dei bimbi: armonia fra salute ed emozioni

I Cinque elementi, le costituzioni dei bimbi e gli alimenti più indicati per ogni stagione. Un piccolo viaggio nel mondo del gusto nella prima infanzia: perché mangiare riguarda tanto il corpo quanto le emozioni!

Conferenza gratuita col dott. Davide Angelucci, Medico pediatra, omeopata, agopuntore, direttore del Centro di Eubiotica specializzato in Medicina naturale di Corcagnano (Parma)

Biblioteca Comunale, via Pascoli 3, Santarcangelo di Romagna (RN)

Fonte e info: https://www.facebook.com/animaegustobio

21 nov. La paura del disumano

biblioterapia

BIBLIOTERAPIA, TUTTALAPAURA DEL MONDO

Come curarsi (o ammalarsi) coi libri. 2015

Il titolo richiama un argomento a cui siamo sicuramente sensibili in particolare in questi giorni…

Sergio Givone, filosofo che da anni indaga il problema del nulla – possibilità di grazia, ma anche di annientamento –, approfondirà La paura del disumano, giungendo a delineare «un pensiero tragico che è, nel medesimo tempo, una filosofia del bene di vivere». Un nucleo centrale del percorso di Biblioterapia 2015, perché «certamente l’angoscia, il senso di finitezza sono una via d’accesso, un varco verso il senso. In realtà o si passa di lì o da nessuna parte» ha spiegato Givone. Che continua: «La nostra finitezza, il nostro dovere di morire ci dicono se la vita ha o non ha senso. Il nostro sentire – provare paura, provare angoscia, provare felicità, provare gioia – ci dicono se la vita ha o non ha un senso». La paura è quindi componente inscindibile dell’esperienza umana. Ma l’odierna crisi dei fondamenti del sapere, la “morte di Dio”, il politeismo dei valori, la possibile fine del genere umano a causa di catastrofi e guerre, aprono all’uomo contemporaneo un orizzonte di paura globale che lo espone al pericolo di perdere la propria umanità, e ci richiama per questo a una più alta responsabilità verso noi stessi e il prossimo. Di fronte al circolo vizioso che dall’insicurezza crescente porta a una violenza dell’uomo verso l’uomo che ha acquistato, forse come non mai, un carattere devastante e scandaloso, possiamo interrogarci su come limitarne i danni, consapevoli che l’uomo viene da un fondo di violenza, che non è soltanto un puro residuo bestiale, ma un fatto culturale. Bisogna quindi fare appello all’etica dell’individuo, ovvero alla nostra coscienza, alla nostra responsabilità nei confronti degli altri. E sopportare le paure e le contraddizioni dell’esistenza continuando a tendere verso il bene «come modo di stare al mondo, custodendo le parole in cui si svela l’umano».

Sabato 21 novembre. Rimini, Sala del Giudizio, Museo della Città, ore 17.

Ingresso a pagamento.

Per info e approfondimenti: http://www.bibliotecagambalunga.it/primo_piano/pagina325.html

L’origine (e il senso) della Vita

tramonto sulla collina_Da dove deriva la vita? In quale ambiente si è sviluppata? Quali sono i materiali che hanno consentito la formazione delle prime molecole biologiche? Sono domande che ogni ricercatore attento si pone, ma a cui è difficile dare risposte. La vita sembra esser nata una volta sola, in condizioni del tutto particolari che non si sono ripetute più. Una volta instaurato il processo, questo si è rigenerato autonomamente e allo stesso tempo si è evoluto.

Ciò che sottende la vita e che genera più stupore nei ricercatori è l’intelligenza che la governa. La coordinazione degli eventi, la capacità di rispondere agli stimoli e all’ambiente, le relazioni tra le varie parti e tra le diverse entità, sono caratteristiche di esseri viventi estremamente semplici, che nell’uomo si esprimono all’ennesima potenza. Studiando le funzioni vitali viene continuamente da chiedersi: come può avvenire tutto questo? Non è possibile concepire una tale complessità senza un’intelligenza che la governi.

Chi crede che la vita si sia creata per caso e che per caso si sia evoluta fino ai giorni nostri commette un errore molto grossolano: il tempo evolutivo a disposizione da quando si è formato l’universo non basterebbe a formare una singola proteina per puro caso! Sarebbe molto più probabile prendere un sacco pieno di lettere e sperare di trovare scritto qualcosa di sensato (e la vita è ben di più di questo) semplicemente scuotendolo e gettandone il contenuto a terra, oppure acquistare un biglietto della lotteria e sperare di vincere due volte il primo premio con lo stesso numero. Pensare che la vita non derivi da un processo intelligente (ovvero “pensato”, “voluto” e “sensato”) è come leggere un libro o una poesia, oppure guardare un’opera d’arte, o ascoltare una musica, e credere che non l’abbia creato un essere dotato di intelligenza. Per di più in questi casi siamo certi che colui che l’ha prodotto è un essere umano, e non un animale, sebbene consideriamo anche quest’ultimo dotato di intelligenza.

Purtroppo è il modo di studiare i sistemi viventi (inserito in un contesto culturale predisponente) che ha portato ad una visione di questo tipo: tutti i processi vitali vengono ridotti a “casuali incontri tra molecole” che provocano “eventi che si susseguono in cascata determinandosi l’un l’altro”. In questo modo si riduce la complessità a complicatezza. Un sistema complicato, come ad esempio un’automobile o una qualsiasi macchina creata dall’uomo, ha dei comportamenti predicibili, perché è smembrabile nelle sue varie parti e comprensibile come somma delle stesse. Un sistema complesso, come una cellula o un organismo pluricellulare, o addirittura l’uomo, non è comprensibile se non studiato nella sua globalità e nel suo ambiente. Cercando di ridurlo a sistema complicato (quindi ad una macchina) perdiamo gran parte del suo significato, e soprattutto l’intelligenza che lo governa.

La biologia cerca di studiare e comprendere il funzionamento degli esseri viventi. Insieme ad essa la chimica, la biochimica e la fisica danno contributi diversi al fine di elaborare modelli di funzionamento dei vari “meccanismi” cellulari. Sono stati studiate le interazioni tra ligando e recettore, le cascate di segnali intracellulari, i segnali ormonali, le membrane cellulari, gli acidi nucleici, le informazioni stoccate nel DNA e il loro utilizzo per la sintesi di proteine, ecc. ecc. Qualcosa di oscuro, però, rimane: come si è creato tutto questo? Come è stato possibile creare molecole così complesse come il DNA, che contiene informazioni su più livelli, le quali una volta utilizzate in modo opportuno (da molecole a loro volta sintetizzate per mezzo dello stesso DNA) danno origine ad altre molecole complesse come le proteine, le cui catene aminoacidiche si autoripiegano al fine di generare forme che determinano funzioni specifiche? Chi governa tutto questo, e come?

Se accettiamo la presenza di un’intelligenza superiore dobbiamo accettare anche che la nostra natura prevede di accordarci con essa. Io identifico tutto questo in una entità che chiamo Dio, l’essere intelligente che ha creato l’universo, dandogli un senso e un percorso.

Ognuno di noi ha la propria individualità, unica e irripetibile, che si può (e si deve) esprimere liberamente, ma trovandosi immersa in un’intelligenza molto più grande e potente, non può fare a meno di relazionarsi con essa, riconoscerla, e in qualche modo allinearsi al suo campo. Tutto questo può spiegare ragionevolmente la nostra origine, ma soprattutto dona senso alla nostra esistenza.


Vedi anche: Acqua, fonte della Vita

28 nov. Finestre sui gruppi: dall’esperienza alla teoria

Seminario SIPNEI RavennaIl contributo della Psiconeuroendocrinoimmunologia alla riflessione su come le dimensioni psicologiche e sociali comunichino con la dimensione biologica e come entrambe si influenzino reciprocamente.

Questo seminario desidera portare la riflessione su alcuni temi quali:

  • esperienza del proprio lavoro e gli spunti teorici inerenti alla dimensione di gruppo;
  • quanto i fenomeni biologici siano intrecciati a quelli psicosociali e come l’approccio PNEI fornisca gli strumenti e la documentazione per spiegare in termini scientifici l’interazione complessa tra i diversi livelli;
  • come/quali strumenti per l’operatore per monitorare lo stress;
  • cosa significa lavorare all’interno di una cooperativa sociale in termini etici.

Poiché l’importanza di “Scrivere del proprio lavoro implica un profondo cambia- mento dello sguardo rispetto a ciò che si fa: anziché continuare ad agire, ci si ferma si riflette su ciò che si è fatto, la scrittura ha una funzione autoriflessiva. La posizione mentale che l’operatore assume, nel momento che si siede e scrive, ha effetti auto-formativi, professionalizzanti, perfino “terapeutici” (Longoni et altri, 2012).

A CHI E’ RIVOLTO:
Il Seminario è rivolto agli operatori dell’area socio-sanitaria: educatori, psicologi, psicoterapeuti, assistenti sociali pedagogisti, medici, psichiatri, neuropsichiatri, infermieri, oss, ma anche personale scolastico, volontari, genitori.

Relatori: Francesco Bottaccioli, Idio Baldrati, Alberto Camprini, Roberto Ghetti, Raffaella Cardone, Michaela Orioli, Milena Pilotti, Cristina Ricci, Christian Rivalta, Davide Baldrati, Giovanna Durante, Andrea Balzani, Sonia Giannini, Veronica Costabile, Lucia Iabichella, Cinzia Saitta, Roberta Vitali, Giovanna Rossi, Ronny Berdondini.

Ravenna, 28 novembre 2015

Per informazioni: http://www.sipnei.it/index.php/eventi

27-28 nov. Salute naturale: fitoterapia, alimentazione e aromaterapia

In questo corso intensivo verranno trattati i seguenti argomenti:

ALIMENTAZIONE NATURALE: principi scientifici, basi di anatomia e fisiologia, vitamine, oligoelementi, inquinamenti alimentari, dieta dissociata, vegetariana, macrobiotica.

FITOTERAPIA:le 50 principali erbe medicinali, tinture madri, macerati e gemmoderivati, i principi attivi e le applicazioni pratiche.

AROMATERAPIA: le principali essenze utilizzate per la prevenzione e la cura, modalità di estrazione degli olii essenziali, il loro potere antibatterico, antifungino e antivirale.

Con Lucia Kiran Vigiani e Pritamo Montecucco, presso il Villaggio Globale di Bagni di Lucca.

Per info: www.villaggioglobale.eu

Blocchi psicosomatici

Il concetto di “blocco energetico” è presente nelle antiche medicine tradizionale cinese e indotibetana. Difficile, per persone di cultura occidentale che non hanno ancora approfondito questi temi, comprendere cosa possa significare. Se consideriamo la vita-vitalità come un flusso di energia¹, il “blocco” è l’ostruzione della sua circolazione nella persona. Come nel flusso d’acqua di un fiume possono esistere accumuli (a monte di un blocco) e carenze di energia (a valle del blocco). Un accumulo di energia può manifestarsi con dolore, infiammazione, ipersensibilità, mentre una carenza con una zona fredda, iposensibile, rallentata.

Secondo una visione più moderna, basata sulla PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia), il blocco può essere interpretato come un eccesso o un difetto dell’intensità dell’espressione dei comportamenti istintivi, emozionali e psicologici (Montecucco, 2010, pag. 184). Questo determina uno squilibrio nel sistema PNEI, con conseguenze che possono andare dal livello psichico a quello corporeo, con infinite sfumature in mezzo che comprendono entrambi.

L’individuo in equilibrio prova piacere nell’esistere, sia in senso corporeo che in senso psichico. E’ libero da tensioni e dolore, tutto il suo sistema “persona” è ben integrato, funzionale.

Il “blocco psicosomatico” è quindi una mancanza di armonia in questo sistema, e può essere localizzato in varie parti del corpo, con corrispondenze sul piano psichico ed energetico², e specifiche conseguenze sul comportamento della persona.

Ogni persona ha una propria sensibilità, che si è plasmata soprattutto durante il periodo intrauterino (gravidanza) e nell’infanzia, attraverso il rapporto con le figure di attaccamento, la madre in particolare.

I blocchi psicosomatici sono in relazione al tipo di sensibilità del sistema nervoso, ma si potrebbe dire che sono in relazione al tipo di anima; con un’anima molto evoluta la persona si ammala di più, perché anche una piccola cosa che non va viene registrata più intensamente, proprio perché è sensibile e vorrebbe vivere situazioni più profonde e armoniche del normale.

Montecucco, 2010, pag. 266

Note

  1. La materia stessa è energia, quindi il sangue che circola nei vasi è anche un flusso energetico, oltre al fatto che porta nutrienti, calore, cellule immunitarie, metaboliti. Qui però si parla soprattutto di energie più sottili.
  2. Il livello energetico verrà approfondito in atri post più specifici.

Bibliografia

Montecucco F., Psicosomatica olistica, ed. Mediterranee, 2010


Vedi anche:

La psicosomatica

PsicosomaticaLa divisione tra corpo, mente e anima operata nei secoli scorsi da correnti filosofiche, scientifiche e religiose si è sedimentata nella nostra cultura. Non siamo abituati a pensarci come esseri unitari, tendiamo a considerare il nostro corpo come qualcosa che non ci appartiene pienamente, quasi un goffo vestito che ci siamo ritrovati addosso senza volerlo. Quando questo è malato diventa pesante e doloroso, fastidioso e insopportabile, inefficiente e difettoso. Oggi sentiamo la mente, ed in particolare la sua parte più razionale, come ciò che ci rappresenta veramente, siamo degli esseri degni di rispetto perché pensiamo, calcoliamo, desideriamo, progettiamo, comunichiamo. “Cogito ergo sum” (“penso dunque sono) diceva Cartesio (1596-1650) , la cui dicotomica visione filosofica è considerata fondamento e partenza della scissione di cui stiamo parlando. Se possiamo concepire separati mente e corpo tendiamo a pensare che lo sono realmente: questa prospettiva porta a vedere il corpo come fosse una macchina.

La medicina occidentale è divenuta così strettamente incentrata sugli aspetti puramente biologici-biochimici, seguendo un metodo che oggi è riconosciuto come inappropriato.

Nel bene e nel male questa visione ha favorito una tendenza meccanicista e determinista che ancora oggi è alla base del pensiero scientifico occidentale.

(Baldoni, 2010, pag. 17)

alexander
Franz Alexander

La psicosomatica propriamente detta è nata alla fine dell’Ottocento (il termine è stato coniato da Franz Alexander negli anni ’30 del ‘900), come corrente di pensiero che proponeva l’esistenza di forti connessioni tra mente e organismo. Vennero così studiate le influenze della mente, delle esperienze psichiche e di quelle emotive, su stati fisici e malattie, tentando di ricostruire una visione unitaria dell’essere umano.

Il problema della psicogenesi è legato all’antica dicotomia psiche contro soma. Fenomeni psicologici e somatici si manifestano nello stesso organismo come due aspetti di un unico processo. Alcuni determinati processi fisiologici vengono soggettivamente percepiti dall’organismo vivente come sensazioni, idee, impulsi. Come già si è detto, questi particolari processi fisiologici possono essere studiati nel modo migliore col metodo psicologico, che si occupa delle percezioni soggettive suscitate dai processi fisiologici stessi e comunicate attraverso il linguaggio. Fondamentalmente, dunque, l’oggetto degli studi psicologici e di quelli fisiologici è il medesimo; diverso è il metodo.

(Alexander F., 1951, pag. 43)

Questo ha portato inizialmente a definire alcuni stati patologici come “malattie psicosomatiche”, ovvero determinati da disturbi mentali o traumi psicologici. Purtroppo ancora oggi il termine “psicosomatica” viene da molti inteso con questa accezione, riferendosi in genere a disturbi funzionali (cioè disturbi fisici in cui non si riscontrano rilevanti alterazioni organiche).

L’evoluzione del pensiero psicosomatico è andato molto oltre, fino a comprendere che tutta l’esistenza dell’uomo è psicosomatica. Quindi tutte le malattie, in questo senso, sono psicosomatiche: malattie fisiche determinano malessere psicologico, problemi mentali portano a disturbi fisici.

Il dolore, per esempio, è un esperienza con una forte componente psichica, sebbene possa derivare da una condizione puramente fisica (come nel caso di un trauma), ma rimane sempre del tutto soggettiva.

A parità di stimolo nocicettivo, l’esperienza dolorosa è profondamente diversa a seconda del significato soggettivo che il dolore ha per l’individuo.

(Ercolani M., 1997)

Quando siamo preoccupati, ansiosi, o arrabbiati viviamo questi sentimenti come tensioni muscolari, mal di pancia, senso di peso al petto, e così via. In psicosomatica queste manifestazioni vengono anche chiamate “blocchi”. La cronicizzazione delle tensioni può portare ad alterazioni importanti nella funzionalità e nella struttura corporea, fino a diventare vera e propria malattia.

Anche la salute è quindi una questione psicosomatica: non esiste un vero benessere fisico con un malessere mentale e viceversa.

Il corpo non è solo un fenomeno biologico, ma anche una costruzione mentale graduale e complessa che si sviluppa, inizialmente, soprattutto all’interno della relazione con la madre. […] L’idea che abbiamo del nostro corpo si modifica per tutta la vita e varia nelle condizioni di salute e di malattia.

(Baldoni, 2010, pag. 14)

Il modello biopsicosociale è nato dalla brillante mente di George L. Engel, medico internista e psichiatra che decise di dedicarsi alla psicosomatica ed allo studio di un approccio sistemico alla persona, arricchendo così il campo di tutto il mondo di relazioni della persona e dei suoi rapporti con la società (il lavoro, la scuola, le aspettative sociali, ecc.).

La crisi della medicina deriva dall’inferenza logica che porta a definire la “malattia” solo in termini di parametri somatici, cosicché i medici non sono tenuti ad occuparsi delle istanze psicosociali in quanto queste ricadrebbero al di fuori della responsabilità e dell’autorità della medicina. […] Il modello biomedico è così diventato un imperativo culturale e le sue limitazioni sono state semplicisticamente trascurate. In breve, il modello ora ha acquisito lo status di dogma.

(Engel, 1977)

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L’essenza di questo modello non sta tanto nel considerare variabili psicologiche e sociali insieme a quelle biologiche, ma soprattutto nell’apprezzarne le strette connessioni, all’interno di un approccio sistemico, contrapposto ad una visione determinista di stampo biomedico. La persona è qualcosa di indivisibile, considerarne la cura del solo corpo, o della sola mente, significherebbe snaturarla. Questa visione costituisce un punto di incontro tra discipline che hanno in comune la cura della persona, ma che sono storicamente distinte, come la medicina e la psicologia. Non è necessario che il medico, soprattutto se non ne ha le competenze, sconfini nel campo d’azione dello psicologo, ma non può nemmeno delegare totalmente a questi la responsabilità di considerare aspetti non prettamente fisiologici.

Nel processo di guarigione non può mancare la valutazione del peso di tutti questi fattori, che hanno un forte peso su uno stato di malattia. Del resto anche l’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) lo ha riconosciuto:

La salute è uno stato di completo benessere fisico, psichico e sociale e non semplice assenza di malattia o infermità.

(WHO1948)

La PNEI (psiconeuroendocrinoimmunologia) può essere considerata una delle espressioni più moderne, scientifiche, ed ampie della psicosomatica e del modello biopsicosociale. Si occupa di mettere in luce tutti i collegamenti e le interazioni tra i vari apparati e sistemi dell’organismo, psiche compresa, attraverso le evidenze scientifiche ottenute dalle ricerche biomediche e psicologiche.


Vedi anche in questo sito:


Bibliografia

Alexander F. (1951), Psychosomatic medicine, New York, Norton & Co., 1950; trad. it. Medicina psicosomatica, Firenze, Marzocco, 1951

Baldoni F. (2010). La prospettiva psicosomatica. Bologna: Il Mulino.

Ercolani M. (1997), Malati di dolore – Aspetti medici e psicologici del paziente con dolore cronico. Bologna: Zanichelli

Engel G. L. The Need for a New Medical Model: A Challenge for Biomedicine. Science, New Series, Vol. 196, No. 4286 (Apr. 8, 1977), pp. 129-136

WHO. (1948). Preamble to the Constitution of the World Health Organization as adopted by the International Health Conference, New York, 19-22 June, 1946; signed on 22 July 1946 by the representatives of 61 States and entered into force on 7 April 1948. New York.

La PsicoNeuroEndocrinoImmunologia (PNEI)

pnei vgLa PNEI (PsicoNeuroEndocrinoImmunologia) è una scienza, nata piuttosto recentemente, che si occupa di ripristinare il senso unitario dell’essere umano.

Gli ultimi secoli hanno visto una progressiva settorializzazione della medicina, che ha portato da un lato ad un grande approfondimento delle conoscenze delle varie specialità mediche su base scientifica, ma dall’altro anche ad un allontanamento reciproco. Gli organi e i tessuti, o meglio gli apparati e i sistemi che li raggruppano, venivano studiati in maniera separata gli uni dagli altri, come parti indipendenti di una grande e complessa macchina. Progressivamente ci si è accorti che esistono forti interconnessioni e reciproche influenze tra queste “regioni” del corpo umano. Si è teorizzata allora la presenza di “assi” di collegamento, ad esempio il cosiddetto “asse dello stress”, che vede una cascata di segnali a partenza dall’ipotalamo che raggiunge le ghiandole surrenali e attraverso queste una grande quantità di cellule e tessuti. Oggi sappiamo che questo modo di vedere è semplicistico, figlio di una visione meccanicista e riduzionista inappropriata alla spiegazione di questi fenomeni.

Nell’integrazione tra mente, corpo e socialità un passo notevole è stato compiuto grazie al modello biopsicosociale proposto da G. L. Engel e dagli studi di psicosomatica del secolo scorso.

infograma_pnei_relacionesLa PNEI si occupa di quella complessa rete di informazioni che continuamente viene scambiata tra psiche, sistema nervoso, sistema endocrino e sistema immunitario. Questi interagiscono a loro volta con tutte le altre parti dell’organismo, regolandone la funzione, il trofismo e la crescita secondo le necessità del momento. Per comprendere questo concetto di rete, che riconduce anche ad una visione unitaria di corpo, mente e coscienza, ci sono voluti decenni e ancora pochi specialisti lo conoscono e lo comprendono, e anche quando questo accade quasi mai hanno la capacità di utilizzarlo per i loro pazienti.

La PNEI è sostenuta da migliaia di ricerche scientifiche ed ha permesso di comprendere che le malattie sono influenzate da fattori fisici, ma anche da disagi emotivi e psicologici. Da questi studi è nata una nuova visione del concetto di terapia, di guarigione e di crescita umana.

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Francesco Bottaccioli

In Italia un notevole contributo allo studio e alla diffusione della PNEI è stato dato da Francesco Bottaccioli, padre fondatore e presidente onorario della SIPNEI (Società Italiana di PsicoNeuroEndocrinoImmunologia), nonché autore di numerosi testi sulla materia.

La ricerca medico-scientifica, con i suoi enormi progressi, ha potuto svelare tantissimo su meccanismi cellulari, fattori di crescita, DNA, citochine, ormoni, neurotrasmettitori, ecc., credendo spesso di poter dare risposte precise attraverso studi settoriali basati su una visione meccanicistica. Oggi questa modalità è da considerarsi superata, non possiamo più prendere alcun elemento senza considerarlo nel contesto globale della rete informazionale sistemica della persona. Per esempio un’alterazione del sistema endocrino, valutata attraverso dosaggi ormonali ematici, riflette spesso una personalità più o meno alterata e irrigidita, che inizialmente rappresentava un meccanismo di adattamento, ma in seguito è divenuta disfunzionale. Il sistema immunitario è estremamente correlato alle modulazioni ormonali ed esso stesso è in grado di regolare alcune risposte del sistema endocrino. La regolazione nervosa della circolazione sanguigna e delle tensioni muscolari involontarie nei vari distretti dell’organismo è strettamente connessa al nostro vissuto psichico, quindi alle nostre emozioni, alle relazioni, agli stati d’animo. Il risultato di una regolazione modificata dal vissuto può essere un’alterazione del trofismo del tessuto (ad esempio su pelle e mucose), della sua motilità (ad esempio nell’intestino), della sua funzionalità (ad esempio negli organi interni), e così via. Riuscire a considerare questi segni o sintomi nel contesto di una “rete PNEI” significa poter agire terapeuticamente in maniera più consapevole, efficace e meno invasiva.

Federico Nitamo Montecucco
Federico Nitamo Montecucco

La Psicosomatica PNEI è un nuovo paradigma per le neuroscienze, proposto dal dott. Federico Nitamo Montecucco (docente di psicosomatica presso l’Università di Milano e direttore dell’Istituto di Psicosomatica PNEI – Centro Studi, Formazione e Ricerche del Villaggio Globale di Bagni di Lucca). Questo modello si integra con la medicina olistica e col lavoro di molti scienziati di fama internazionale (come F. Bottaccioli, D. Bohm, F. Capra, A. R. Damasio, E. Laszlo, P.D. MacLean, J. Panksepp, C. Pert, ecc.) appartenenti a svariate discipline, e sta lavorando per la comprensione scientifica della coscienza di Sé, del suo ruolo primario sui sistemi viventi, e di come si riflette sui disturbi emotivi, psicologici e fisiologici.


Vedi anche in questo sito:

La psicosomatica

L’approccio biopsicosociale in medicina


Bibliografia

Montecucco F. (2010), Psicosomatica olistica, ed. Mediterranee

Bottaccioli F. (2005), Psiconeuroendocrinoimmunologia. I fondamenti scientifici delle relazioni mente-corpo. Le basi razionali della medicina integrata, ed. Red